Le ultime pagine del diario di Ricardo Piglia

via Babelia

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La bassa marea

Lunedì

A mezzanotte, quando il caldo concede una tregua, usciamo a camminare. Attraversiamo la città, che diventa sempre più vecchia a mano a mano che scendiamo verso il fiume. Nella zona di El Bajo, il lungomare è bellissimo. Ci sono ristoranti con tavoli sotto gli alberi all’aperto. Pescatori sulla scogliera, che danno le spalle alla città, con le loro canne da pesca e le loro attrezzature. Un parco giochi con lampadine colorate e giostre mezze rotte. Questo è il mondo di Alrededor de la jaula e di En vida, due dei libri più belli di Haroldo Conti. Le luci lontane delle imbarcazioni che attraversano il fiume sono l’unico orizzonte di queste storie senza via d’uscita.

Solitamente gli scrittori più lirici o più attenti al paesaggio raccontano il fiume. Diversi capolavori si sono scritti su questa linea: Zama, di Di Benedetto; El limonero real, di Saer; Sudeste, di Conti; La ribera, di Wernicke; Hombre en la orilla, di Briante. Ricercano la lentezza; tendono a raccontare al presente ciò che è già accaduto. Alcuni romanzi di Conrad si muovono in questa direzione: la calma piatta è ciò che porta avanti il racconto. In Cuore di tenebra, mentre aspettano che si alzi la marea del Tamigi, Marlowe racconta la storia. Più profonda è la quiete, più intensa è la narrazione. La dispersione del flusso del tempo si frena e la pioggia fluviale la placa, la marea che non arriva si trasforma in una metafora dell’arte del narrare.

 

Martedì

Vado dal dentista. Mi ha consigliato di usare un apparecchio mobile la notte. È una striscia di resina trasparente – e molto forte – che riproduce la parte superiore della dentatura. In questo modo quando dormo non digrignerò più i denti. Lo stridìo e il battito dei denti erano segni di terrore nei fumetti e nei libri di avventura che leggevo da bambino. Di notte dormo placidamente e sogno di viaggiare su un tram.

 

Giovedì

Viene a casa Fernando Kriss, un amico di sempre, professore di filosofia, inattivo, o meglio, disattivato, come dice lui. Porta due bottiglie di vino bianco. Compriamo cibo arabo al ristorante all’angolo e ci sediamo a mangiare nel cortile.  Senza seguire la moda di adesso dove tutti si fingono esperti e agitano continuamente il bicchiere sotto il naso prima di bere un po’ di vino, iniziamo una discussione delirante sulla differenza tra lo Chardonnay e lo Chenin. Potremmo applicare, dice Fernando a metà della prima bottiglia, alla differenza tra i vini la teoria degli insiemi sfocati. È un tipo di logica che prevede sillogismi imperfetti, una conoscenza precaria e approssimativa. Il ragionamento si basa su esperienze simili ma non identiche, diciamo, confuse. Si è sposato quattro volte. Un mese fa, la sua ultima moglie è partita per un viaggio ed è tornata dopo una settimana senza che Fernando si fosse reso conto della sua assenza. Definisce questi episodi un’esperienza di insiemi sfocati. Dice, per esempio, che al giorno d’oggi i giornalisti hanno preso il posto degli intellettuali e gli intellettuali si sono immedesimati nei giornalisti. Tipico caso di insieme sfocato. Alcuni degli intellettuali che in epoca militare hanno appoggiato la guerra delle Falkland, ora hanno firmato una petizione per difendere la posizione della Gran Bretagna. Non sono opportunisti, si diverte il mio amico, sono solo confusi. Apriamo la seconda bottiglia di vino. All’aria aperta, la notte è stupenda.

 

Venerdì

Nell’ottobre del 1921 Kafka consegnò i suoi quaderni a Milena. (“Hai trovato nei diari qualcosa di decisivo contro di me?”). Lo stesso fa Tolstoj con Sofia, sua futura moglie (e lei non glielo perdonerà mai), così come Nabokov con Vera. Pavese in diverse occasioni pensa a questa possibilità (“Lo scrivo affinché lei possa leggerlo”). Nel mio caso, quelli che hanno vissuto accanto a me non solo leggono questi quaderni ma ci scrivono anche. A volte ci sono delle imprecisioni nel contenuto (in realtà trascorremmo la notte in treno), e altre volte nella forma (una sintassi orribile!). Non nascondo mai questi quaderni perché non c’è nulla da nascondere. E chi vi interviene vuole solo far sapere che li ha letti.

 

Un giorno perfetto

Venerdì

Qualcuno ricordava che il tramonto non esisteva come tema poetico per i greci. L’interesse era tutto per l’alba e le sue molteplici metafore: l’aurora, l’albore, il risveglio. Solo a Roma, con il declino dell’impero, Virgilio e i suoi amici iniziarono a celebrare l’occaso, il crepuscolo, la fine del giorno.

Ci sono allora scrittori dell’alba e scrittori del crepuscolo? Questo è il tipo di lista che mi piace fare. Ma invece, adesso che è scesa la notte e una vecchia lampada mi illumina, mi piacerebbe ricordare un sentimento legato al tramonto. Come potremmo definire un giorno perfetto? Forse sarebbe meglio dire: come potrei narrare un giorno perfetto?

Per questo scrivo un diario? Per fissare – o rileggere – una di quelle giornate di inaspettata felicità?

 

La caduta

Oggi sono caduto di nuovo, momento ogni volta stupido e sorprendente, mi sono rialzato con fatica. A letto, tremende difficoltà per sedermi, poi cerco il pantalone nell’armadio e cado nel girarmi. Carola dà di matto, sale il portiere. “Non si preoccupi, don Emilio”, mi dice, arriva con il giovane domestico che accoglie i clienti di Deborah, il travestito che vive al terzo piano. I due mi aiutano a tornare alla vita.

 

Martedì

Morire è difficile, mi succede qualcosa, non è una malattia, è uno stato progressivo che altera i miei movimenti. Non va bene. È iniziato a settembre dello scorso anno, non riuscivo ad abbottonare una camicia bianca.

 

Lunedì

Vendo la mia biblioteca, ho bisogno di spazio. Conservo solo 500 libri, la biblioteca ideale, con questa quantità si può lavorare. Ho iniziato un declino improvviso. Inutile lamentarsi.

 

Sabato 5

Adesso la mia vita dipende dalla mano destra, la sinistra ha iniziato a smettere di funzionare dopo che ho finito il programma televisivo su Borges. È successo in quel periodo, ma non a causa sua. I medici non sanno a cosa è dovuto. Il primo sintomo è stato che non potevo maneggiare cose piccole, le dita già non mi obbedivano più.

 

Lunedì

La mano destra è pesante e indocile ma riesco a scrivere. Quando non ci riuscirò più…

Sento crescere nel corpo un formicaio. Voglio essere sicuro di annotarlo. Scrupoloso fino alla fine.

Ho sempre voluto essere soltanto un uomo che scrive.

Mi sono rifugiato nella mente, nel linguaggio e nell’avvenire. Non riesco più a vestirmi da solo, così mi sono fatto confezionare un mantello, o meglio una tunica che mi copre il corpo comodamente, con due lacci per legarla. Ne ho due capi: mentre uno è a lavare, uso l’altro, sono di lino azzurro, non ho bisogno di altro.

La buona donna dell’infermiera può entrare in camera a qualsiasi ora, mentre io, tra le pieghe del letto, guardo la città dalla finestra.

Il pappagallo in una gabbia.

La sedia a rotelle, il camminare meccanico, il corpo metallico.

La malattia come garanzia di estrema lucidità.

Un dolore passeggero.

Per non disperare, ho deciso di registrare alcuni messaggi ad alta voce su un piccolo registratore digitale che riposa nella tasca superiore della mia mantella, o del mio carapace?

Se uno può usare il suo corpo, non importa ciò che dice.

Il genio è l’invalidità.

 

 

da Los Diarios de Emilio Renzi III. Un día en la vida, Ricardo Piglia, Editorial Anagrama (2017) – traduzione Annalisa Rubino