PerLaSerie: °QuandoUnoHaCiòCheSiMerita°

 
[…]  Nella lotta contro il centro-destra di Silvio Berlusconi oggi nessuno si chiede se per caso un tale leader, esattamente lui, non rappresenti la mentalità del nostro onnipresente ceto medio meglio di chiunque altro. Nessuno si chiede chi ha creato quella società italiana modernizzata che corrisponde alla leadership di Berlusconi. Nessuno cerca di capire perchè la sinistra non è creduta nè è amata dai suoi stessi elettori. Forse la ragione è che i partiti di centro-sinistra vengono visti semplicemente come la variante sbiadita, spersonalizzata e ipocrita di ciò che Berlusconi rappresenta del tutto coerentemente e senza pudore. Lui sì, è un vero "carattere" italiano. Lui è la versione trasparente e riuscita di ciò che l’italiano medio è e vuole essere.  […]
 
 
 
A.Berardinelli  (2003
Introduzione a "Lettere Luterane"  P.P.Pasolini  
 
 

°LaMiaPromessa [inParadiso]°

  
 
 
In Paradiso vorrai
avere ancora a che fare con me?
Premi e compensi : non sai
quanto desideri farne parte,
fra quelli di cui godrai,
per la tua felicità.
 
Perchè non chiedo per me
la gioia eterna di risorgere,
ma di essere cura perenne per te,
regalandoti quel che non do in vita.
 
E allora chiediglielo tu
che ti conceda di avermi lassù.
 
Ed io mi arrendo oramai …
se il tempo avanza a me non basta,
da qui alla tua eternità.
Alla tua eternità.
La mia promessa è : vedrai
che lì mi trasformerò.
 
E allora chiediglielo tu
che ti conceda di avermi con te lassù.
Con te.
 
                                                                        
                                                               M.K.
 
 
 
 
[°QuAnDoQuAlCoSaTiCaTtUrA° prt.2]
.

In MiNd . . .

 
 
   
 
 
° Non capivo come i pensieri più inconsistenti una volta tradotti in parole possano incidere sulla realtà con la stessa forza dei dati di fatto, riescano a modificarla e lasciarla modificata con il loro peso.
Non capivo come dei semplici suoni concatenati possano cancellare intere concatenazioni di gesti, e cambiare il senso di una storia dalla fine verso l’inizio, scavare veri abissi di fronte a cui qualunque ponte sospeso di semplici suoni concatenati sembra inadeguato. °

_*D’Anime & D’Animali*_

 
 
 Tu e Io.
 
 
Ecco che i miei  occhi su di Te 
cominciano a spogliarti e la gola si secca
la pelle si compatta e morbidezza
si compiace la carne, dolorante
nel vuoto cerebrale, anelito animale
ecco che le mie mani su di Te
muovono in percorsi, disegnano arabeschi
tracciano diagonali
lobo dell’orecchio, seno, capezzolo, ombelico, ginocchio
l’interno delle cosce, l’esterno e il resto, tutto
scanalature, conche, protuberanze, anche
tendini, ossa, peli, capelli
bocca
labbra
il vuoto che mi ingloba il pieno che, fiorendo,
 
mi consola e mi perdona
 
mi consola e mi perdona
 
mi consola e mi perdona
 
ecco che Io non ci sono e non c’è Te
sboccano le lingue screpolate d’umido calore
prensili gli arti e irradia, irradia il cuore
linguaggio gutturale
arcaico uomo animale.
 
 
 
P.G.R.
 
 
 
[…QuAnDoQuAlCoSaTiCaTtUrA…]
 

° Chi Mi Credo D’Essere?°

Numerose immagini arruolate dalle idee
di un bel pò di fervidi pensieri
splendono di vita nuova e fanno gli altri me
in alterazione dei miei desideri
dei miei piaceri dei miei valori
dei miei sorrisi e dei miei cattivi umori
dei miei difetti dei miei colori
dei miei misteri e dei miei disamori.
 
Chi mi credo d’essere? Non vale:"non lo so"…
C’è un fulgente immaginario da osservare.
Cercherò un riflesso iridescente e favoloso
che abbia luce da farmi brillare:
un radioso mix di tutti noi
che combini un me ideale a voi;
un radioso mix per cui vivere
di riflesso, senza remore.
 
Uno – centuno – centomila immagini di me.
 
Quale realtà può figurare
la combinazione magica ideale?
 
Uno – centuno – centomila immagini di me.
Sparpagliate fra di voi.
 
Uno – centuno – centomila immagini di me.
Ma chi cazzo se ne frega poi?
 
                                                         M.K.

A proposito di pazzia …

 (Ospedale psichiatrico di Villete – Lubiana – Slovenia)
 
[…] "Non sai che cos’è un matto?"
 
[…] "Io non so che cosa sia un matto", sussurò Veronika. "Comunque, io non lo sono. Sono una suicida frustata. "
"Matto è colui che vive nel proprio mondo. Come gli schizofrenici, o gli psicopatici, o i maniaci. Quelle persone, cioè, che sono diverse dalle altre."
"Come te?"
"Di certo," proseguì Zedka, fingendo di non aver udito quel commento interrogativo, "avrai sentito parlare di Einstein, che sosteneva che non esistono nè il tempo nè lo spazio, ma un’unione di questi due elementi. O di Colombo, che affermava che all’altro capo del mare non c’era un abisso, bensì un continente. Oppure di Edmund Hillary, che asseriva che l’uomo poteva arrivare in cima all’Everest. O, ancora, dei Beatles, che hanno creato una musica diversa, e si vestivano come persone totalmente al di fuori della loro epoca. Tutti questi uomini, come migliaia di altri, vivevano nel proprio mondo."
"Questa demente sta dicendo cose che hanno un senso," pensò Veronika, ricordandosi di certe storie che le raccontava la madre, storie di santi che sostenevano di parlare con Gesù o con la Vergine: possibile che tutte queste persone vivessero in un mondo a parte? Disse: "Una volta, ho visto una donna con un vestito rosso scollato e lo sguardo vitreo che girava per le vie di Lubiana; il termometro segnava cinque gradi sotto lo zero. Pensai che fosse ubriaca e mi avvicinai per aiutarla, ma lei rifiutò la mia giacca."
"Nel suo mondo, forse era estate. E magari il suo corpo era riscaldato dal desiderio di qualcuno che l’aspettava. Anche se questa persona fosse esistita soltanto nel suo delirio, lei aveva il diritto di vivere e morire come voleva, non credi?"
Veronika non sapeva cosa rispondere; di certo le parole di quella matta avevano un senso. Chissà che non fosse proprio lei la donna che aveva visto seminuda nelle vie di Lubiana!
"Ti voglio raccontare una storia," disse Zedka. "Un potente stregone, con l’intento di distruggere un regno, versò una pozione magica nel pozzo dove bevevano tutti i sudditi. Chiunque avesse toccato quell’acqua, sarebbe diventato matto.
"Il mattino seguente, l’intera popolazione andò al pozzo per bere. Tutti impazzirono,tranne il re, che possedeva un pozzo privato per sè e per la sua famiglia, al quale lo stregone non era riuscito ad arrivare. Preoccupato, il sovrano tentò di esercitare la propria autorità sulla popolazione, promulgando una serie di leggi per la sicurezza e la salute pubblica. I poliziotti e gli ispettori, che avevano bevuto l’acqua avvelenata, trovarono assurde le decisioni reali e decisero di non rispettarle.
"Quando gli abitanti del regno appresero il testo dei decreti, si convinsero che il sovrano fose impazzito, e che pertanto ordinasse cose prive di senso. Urlando, si recarono al castello, chiedendo l’abdicazione.
"Disperato, il re si dichiarò pronto a lasciare il trono, ma la regina glielo impedì, suggerendogli: ‘Andiamo alla fonte, e beviamo quell’acqua. In tal modo, saremo uguali a loro.’ E così fecero: il re e la regina bevvero l’acqua della follia e presero immediatamente a dire cose prive di senso. Nel frattempo, i sudditi si pentirono: adesso che il re dimostrava tanta saggezza, perchè non consentirgli di continuare a governare?
"La calma regnò nuovamente nel paese, anche se i suoi abitanti si comportavano in maniera del tutto diversa dai loro vicini. E così il re potè governare sino alla fine dei suoi giorni."
 
Veronika si mise a ridere.
"Tu non sembri matta," disse.
"Ma lo sono. Adesso mi stanno curando, perchè il mio è un caso abbastanza semplice. E’ sufficiente reintegrare nell’organismo una certa sostanza chimica. Io, comunque, spero che la terapia risolva solo il mio problema di depressione cronica, perchè voglio continuare a essere folle, vivendo la vita nel modo in cui la sogno e non come desiderano gli altri. Sai che cosa c’è la fuori, al di là dei muri di cinta di Villete?"
"Gente che ha bevuto dal medesimo pozzo."
"Proprio così," disse Zedka. "Pensano di essere normali, perchè tutti fanno le stesse cose. Fingerò di aver bevuto quell’acqua."
"Ma io l’ho bevuta davvero, ed è proprio questo il mio problema. Non ho mai avuto nè depressione nè grandi gioie o tristezze che durassero a lungo. I miei problemi sono uguali a quelli di tutti gli altri."
[…]
 
                                                                                              
                                                                                                                                                  " Veronika decide di morire " Paulo Coelho
 
[ *ManTeNeTeVi FoLlI, e CoMpOrTaTeVi CoMe PeRsOnE NoRmAlI* ]

Non posso non incominciare che con Lui . . .

CHI MUORE  [Ode_Alla_Vita]
 
Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marca,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
 
Lentamente muore chi fa della televisione il suo guru.
 
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i punti sulle "i"
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore
e ai sentimenti.
 
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l’incertezza, per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.
 
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
 
Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare.
 
Muore lentamente chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna
o della pioggia incessante.
 
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande su argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
 
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordiamo sempre che
essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.
Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento
di una splendida felicità.
 
                                                                                                                                P. Neruda